Esistono due regimi di tassazione fra cui scegliere, per il proprietario che affitta immobili come abitazioni: ordinario o cedolare secca.
Nel primo caso i canoni sono sommati a tutti gli altri redditi personali e sono tassati in relazione all’aliquota dello scaglione Irpef in cui si rientra.
Nel secondo, sul canone che risulta dal contratto si applica un’aliquota secca, con percentuali (21% oppure 10%), che variano a seconda che si tratti di un contratto libero (4+4 anni) oppure a canone concordato (3+2). Il proprietario è libero di decidere il regime.
La cedolare secca, introdotta nel 2011, è spesso vantaggiosa, ma non sempre. Può essere esercitata solo per i contratti a uso abitativo e per le unità immobiliari regolarmente accatastate, appartenenti alle categorie da A1 a A11 (esclusa A10 – uffici e studi privati).
Fra i vantaggi di questa imposta sostitutiva dell’Irpef : non si pagano le imposte di bollo e di registro, né le addizionali regionale e comunale relative al reddito prodotto dagli immobili cui si riferisce l’opzione.
Per contro, il proprietario non può pretendere il ritocco al rialzo del canone per tutta la durata del contratto, nemmeno la variazione Ista, neanche se indicato nel contratto. Deve inoltre informare preventivamente il suo inquilino, con raccomandata, dell’intenzione di ricorrere alla cedolare secca.
Per l’affittuario, due vantaggi: certezza che il canone mensile non sarà aumentato finché il contratto non scade, e di risparmio sulla quota di spettanza dell’imposta di registro, che non esiste.
ALIQUOTE RIDOTTE
La cedolare secca si calcola applicando il 21% sul canone di locazione annuo. L’aliquota è ridotta, pari al 10%, nel caso di contratto di locazione a canone concordato relative ad abitazioni che sono ubicate nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).
Per informazioni rivolgersi all’associazione FEDERCASA e inviare una richiesta cliccando qui.
Osservatorio Normative Federcasa – Associazione di proprietari