La normativa sulle immissioni si applica anche ai rapporti fra proprietà individuale e parti comuni dell’edificio con la sentenza della Cassazione 6/4/1983, n. 2396. Le immissioni, pertanto, non devono superare la normale tollerabilità non solo quando si propaghino alla proprietà esclusiva di un altro condomino (Tribunale Napoli 18/3/1975), ma anche quando si propaghino alle parti comuni dell’edificio (per esempio scale), pena l’obbligo di farle cessare e di risarcire il danno.
In caso di esercizio commerciale nel conflitto fra le esigenze di chi abita il fabbricato e quelle di chi vi esercita l’attività commerciale ai fini delle immissioni prevale il criterio sociale, vedi l’articolo 844 del Codice Civile che impone di graduare le esigenze in rapporto alle richieste di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando (articoli 14, 31 e 47 della Costituzione) le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle utilità economiche relative all’esercizio di attività commerciali (Cassazione 15/3/1993,n.3090).
Alla luce di questo principio la Suprema Corte (sentenza n. 9130 del 28/7/1993) ha confermato la decisione che aveva ordinato la rimozione dal muro perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale, a breve distanza dalle finestre di alcuni condomini, e destinata a smaltire le esalazioni di fumo, calore e odori prodotte dal forno di un esercizio commerciale sito nell’edificio condominiale. Ultimo esempio: il condomino le cui finestre affaccino sul sottostante bar può pretendere di essere risarcito del danno prodotto dal fumo delle sigarette fumate degli avventori solo se il fumo è molesto al punto da superare la normale tollerabilità. (Cassazione 31/3/2009, n. 7875).