La legge n. 220 dell’11 dicembre 2012, “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici” all’art 6 lettera b) disciplina la presenza di animali in condominio e dice testualmente: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici” . Questo di fatto impedisce ad un regolamento condominiale di vietare la detenzione o il possesso di animali domestici nella proprietà esclusive dei condomini. Il singolo condomino a cui venisse vietato di tenere in casa un animale in virtù di una delibera assembleare può ricorrere al Giudice di pace entro 30 giorni dalla data in cui è stata emessa o da quella in cui il soggetto ha ricevuto il verbale e vincere senza problemi.
Tuttavia se da una parte il regolamento non può vietare al proprietario di un appartamento condominiale di tenere un animale da compagnia, questo non significa che si può fare ciò che si vuole anche negli spazi comuni. L’art 1102 c.c prevede infatti che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto“. Nessun divieto quindi per chi vuole dare da mangiare ai randagi mettendo le ciotole in un angolo del portico o del cortile condominiale, a patto che tenga questo spazio sempre pulito e che gli animali non rappresentino un pericolo per gli altri condomini. Occorre infatti considerare in questo caso che, l’assemblea condominiale può vietare di dare da mangiare ai randagi per motivi di salubrità, sicurezza e igiene. Per questo è opportuno, nel rispetto degli altri condomini, far indossare la museruola al proprio cane o mettere il gatto nel trasportino, nel momento in cui, uscendo dall’appartamento, ci si muove con gli animali in uno spazio comune del condominio.
Sulle modalità con cui sarebbe opportuno detenere animali all’interno di un appartamento condominiale si è pronunciata l’ordinanza penale della Cassazione n. 22785/2013 condannando un uomo che possedeva 4 cani chiassosi. Dunque si rischia la condanna penale se non si adottano le dovute cautele atte a impedire che gli animali nell’appartamento rechino disturbo a tutti gli altri condomini.
Diverso invece è il discorso per l’inquilino: il proprietario dell’appartamento concesso in locazione infatti può vietare al suo inquilino di detenere animali in casa. Il divieto in questo caso però deve essere indicato specificamente nel contratto di locazione che è regolare e valido se registrato. Nessun divieto infatti per l’inquilino con cui viene stipulato un contratto di locazione “in nero”.
Infine è bene precisare che Il codice civile infatti, all’art. 844, dedicato alle immissioni, prevede che i condomini abbiano il diritto opporsi a tutte quelle propagazioni, compreso quindi il rumore e l’odore provocato dall’animale, se superano la normale tollerabilità. Non ci si può lamentare quindi se ad esempio il cane all’interno dell’appartamento condominiale abbaia solo quando il padrone rientra dal lavoro o quando qualcuno passa davanti al portone di casa. In questo caso, infatti, il rumore provocato dall’animale è da considerare come rientrante nei limiti della “normale tollerabilità“. Solo se la frequenza e il volume del rumore provocato dall’animale superano questa soglia, così come l’odore derivante dalle pessime condizioni di cura dello stesso risulta insopportabile, previo accertamento di un tecnico della ATS locale, è possibile procedere civilmente per chiedere l’inibitoria della condotta e l’eventuale risarcimento del danno.
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